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Storia

Naquane panoramica rocciaLe incisioni presenti sulle rocce del Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane sono riferibili prevalentemente all’età del Ferro; poche sono quelle ascrivibili ad età più antiche (Neolitico, età del Rame e età del Bronzo) o all’epoca romana e medievale.

Il toponimo Contrada Aquane compare su una mappa catastale ottocentesca della proprietà Agostani, che corrisponde all’area centrale del parco. Con il termine Aquane, Aguane o Enguane sono chiamate le fate, figure fantastiche metà donna e metà animale spesso connesse all’acqua come ninfe abitatrici di sorgenti e fiumi, che popolano le leggende della tradizione alpina.

Oggi per comodità tutto il Parco è denominato Naquane, anche se comprende altre quattro località: “Ronchi di Zir”, “Bait del Pedù”, “Coren del Valento” e “I Verdi”.

Dalle più antiche raffigurazioni schematiche del Neolitico, raramente raggruppate in scene, si passa alle composizioni simboliche più articolate dell’età del Rame e del Bronzo, fino alle scene narrative dell’età del Ferro, caratterizzate da uno stile dinamico e descrittivo.

Le incisioni dell’età del Ferro sono attribuite alla popolazione dei Camunni. Il loro nome compare sul trofeo di La Turbie, nei pressi di Montecarlo, fatto erigere da Augusto al termine della conquista delle popolazioni alpine alla fine del primo secolo avanti Cristo. La maggior parte delle scene di questo periodo ha come protagonista il guerriero, impegnato in scene di duello, di caccia al cervo e di equitazione, che sono state interpretate come prove o riti di iniziazione sostenuti dai giovani dell’aristocrazia camuna per diventare adulti.

Con l’arrivo dei Romani si può considerare concluso il ciclo artistico camuno “classico” ma  non termina in valle l’uso di incidere le rocce: le raffigurazioni di questa epoca non sono state ancora sufficientemente studiate, salvo per le attestazioni epigrafiche.

Sporadiche raffigurazioni attestano la prosecuzione delle incisioni fino all’età medievale (periodo post-camuno).